Mondiali:
11 azzurri
indimenticabili

Undici calciatori per undici storie colorate di azzurro. A volte belle, a volte brutte, ma sempre indimenticabili.

1. Dino Zoff, Spagna 1982
Quelle mani. Nei quarti di finale avevano letteralmente negato al Brasile il gol del 3-3 in quella che Zoff ha sempre ritenuto la parata più importante della sua carriera. Sei giorni dopo, quelle stesse mani, senza guanti, erano attorcigliate alla coppa del mondo. Spuntavano dalle maniche della sua maglia, di un grigio triste che si intonava a quell'uomo serio e schivo, rendendo la scena, per contrasto, ancora più gioiosa.

2. Marco Materazzi, Germania 2006
Quando il gioco fu fermato nessuno capì cos'era successo. C'era Materazzi solo a terra. Poi il replay svelò: Zidane, uno dei calciatori più grandi di tutti i tempi, che dà una testata Materazzi, uno dei più tatuati di tutti i tempi. Fu in quel momento che capimmo: «stavolta vinciamo noi».


"Quelle mani. Nei quarti di finale avevano letteralmente negato al Brasile il gol del
3-3 in quella che Zoff ha sempre ritenuto la parata più importante della sua carriera".


3. Fabio Grosso, Germania 2006
Noi italiani amiamo gli eroi per caso. Uno è Grosso, un uomo qualunque già nel nome, Fabio, fisico da impiegato e faccia da emigrato in Baviera. In Germania era un panchinaro, poi si procurò il rigore al 93° contro l'Australia, fece gol contro la Germania, segnò il rigore decisivo in finale e, in 15 giorni, diventò un eroe qualunque.

4. Marco Tardelli, Spagna 1982 Il resto del mondo magari citerà quello di Munch ma per gli italiani c'è solo un Urlo, ed è quello di Tardelli dopo il gol segnato in finale. Lui poi racconterà che ricorda tutto fino all'istante del tiro, poi il vuoto. Riempito a squarciagola.

La colonna sonora
dei mondiali

5. Franco Causio, Spagna 1982
È una delle più belle immagini del calcio italiano. È una foto in bianco e nero, scattata all'interno di un aereo: si vede un tavolino sul quale ci sono un mazzo di carte napoletane e la Coppa del Mondo. Seduti, impegnati in una partita a scopone, Zoff, Bearzot, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini e poi lui, Franco Causio: «Ero in coppia con Bearzot. Feci una furbata: calai il sette, pur avendone uno solo. Pertini lo lasciò passare e Bearzot prese il settebello. Abbiamo vinto così quella partita». Pertini si arrabbiò molto.



"Il resto del mondo magari citerà quello di Munch ma per gli italiani c'è solo un Urlo, ed è quello di Tardelli dopo il gol segnato in finale".


6. Franco Baresi, USA 1994
Baresi è "IL" libero. Uno di quei giocatori per cui non servono parole, bastano i fatti. Eccoli: è il 23 giugno del 1994 quando Baresi si rompe il menisco contro la Norvegia. Viene operato. Venticinque giorni dopo è in campo per la finale. Non sbaglia niente. Tranne il primo dei rigori. L'Italia perde. Lui scoppia in lacrime. Fine.

7. Paolo Rossi, Spagna 1982
Era fuori allenamento, ma Enzo Bearzot lo convoca lo stesso. Userà il mondiale per fargli ritrovare la forma. Nelle prime quattro partite Rossi non combina niente. Poi ne fa tre al Brasile, due alla Polonia e uno alla Germania in finale. E diventa "Paolo Rossi".

8. Gianni Rivera, Messico 1970
Sul 3-3 di Italia- Germania Martellini, in telecronaca, definisce la partita "drammatica". Un minuto dopo: "meravigliosa". È successo che tra quei due aggettivi si è inserito Gianni Rivera e ha messo dentro il 4-3: fosse rimasto dov'era, il portiere l'avrebbe presa, invece si tuffa a sinistra, perché è lì che qualunque calciatore normale avrebbe tirato. Quando capisce che Rivera non è un calciatore normale ormai troppo tardi.

9. Totò Schillaci, Italia 1990
Nel 1990 tutti sanno cos'è il CEP di Palermo. Perché è da quel quartiere che arriva l'eroe del mondiale: si chiama Totò. Entra dalla panchina e non esce più. Ha gli occhi spiritati e segna di piede, di testa, di stinco. Segna sempre. Grazie a lui fu tutto bellissimo tranne il colpo di nuca di Caniggia e l'orrenda mascotte.

10. Roberto Baggio, USA 1994
Fu lui che nel 1994 ci portò in finale. Persa ai rigori contro il Brasile. Non poteva che essere il più bravo di tutti a sbagliare il rigore decisivo. Ma lo sbagliò da campione, alla grande, con un tiro che si perse nel cielo. Deve essere ancora lì quel pallone, che galleggia da qualche parte nella stratosfera, lo stesso luogo da cui proveniva Roberto Baggio.

11. Gigi Riva, Messico 1970
Ha sempre detto: «La maglia azzurra mi si è attaccata alla pelle». E alle ossa: in Nazionale gli hanno fratturato due volte le gambe e così ha giocato poco. Ma gli sono bastate 42 partite per entrare nella leggenda. Succede, se segni 35 gol. Compreso quello del 3 a 2 durante la Partita del secolo. Ma non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, anche perché Riva è molto di più di un calciatore.

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"A pallone ci possono giocare tutti;
a calcio soltanto in pochi"
Arrigo Sacchi

Mondiali: 11 azzurri indimenticabili

È la nostra formazione del cuore, gli 11 che rimarranno per sempre nella nostra memoria, perché ognuno di loro è il protagonista di un momento indimenticabile della Nazionale italiana.